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L'assunzione concomitante di due o più farmaci è sempre più diffusa tra i pazienti anziani italiani, configurandosi come indice di severità clinica e rappresentando un fattore di rischio di interazione farmacologica.
È quello che emerge da un'indagine svolta dai componenti dal Geriatrics Working Group dell’Aifa, Agenzia Italiana del Farmaco.
Secondo la ricerca, l’11% della popolazione anziana, cioè più di 1,3 milioni di individui, assume più di 10 farmaci al giorno. In particolare, coloro che hanno tra i 75 e gli 84 anni di età sono stati esposti al più alto carico farmacologico, con il 55% dei soggetti trattati con 5-9 farmaci e il 14% con 10 o più farmaci. La prevalenza della politerapia, così si chiama l'assunzione o la prescrizione di due o più farmaci contemporaneamente, è stata inferiore nei soggetti di età di 85 anni o più rispetto a quelli tra i 75-84 anni, “un dato che potrebbe far pensare a un approccio più attento al trattamento farmacologico nel soggetto più anziano. In effetti, la coesistenza di una complessità clinica e di una aspettativa di vita limitata, insieme alla mancanza di prove di efficacia derivanti da studi clinici su persone molto anziane, non forniscono ai medici le conoscenze adeguate sui risultati associati ad un trattamento farmacologico aggressivo”.

Come era intuibile, i ricercatori sottolineano l’enorme tasso di rischio strettamente legato alla polifarmacoterapia. In particolare per i pazienti che assumono 5 o più farmaci, presentano “Un aumento del rischio di mortalità. In tre studi di popolazione, condotti su registri di prescrizione sia nazionali che locali svedesi, è stato dimostrato come l’incremento delle interazioni gravi fosse linearmente correlato al numero dei farmaci assunti e aumentasse per i soggetti di sesso maschile di età compresa tra i 70 e gli 89 anni. Per quanto riguarda l'Italia, uno studio (Onder e coll.) ha riportato come, nei soggetti anziani ricoverati, l’incremento del numero dei farmaci aumenti il rischio di reazioni avverse (18% per ogni farmaco in più)”. Per questo “conoscere il consumo di farmaci e l’impatto della polifarmacoterapia nella popolazione ultrasessantacinquenne fornisce informazioni critiche per la valutazione dell’attività prescrittiva, oltre a indicazioni sul possibile rischio sia di interazioni farmacologiche negative che di trattamenti inappropriati”.

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