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L’Italia è tra i paesi europei quello con i livelli più elevati di resistenza agli antibiotici, un fenomeno che rischia di 'spuntare' le uniche armi a nostra disposizione contro le infezioni sostenute dai microbi. L’aumento dell’antibiotico-resistenza si osserva in realtà un po’ in tutti i paesi del Vecchio Continente, ma all’Italia spetta la maglia nera. Sono i dati resi noto dall'Istituto Superiore di Sanità (Iss), provenienti dall’Europa e forniti dalla rete di sorveglianza EARS-Net. La fotografia che ne emerge è poco confortante: nel giro di 4 anni due specie di batteri molto diffusi, Escherichia coli (responsabile di gastroenteriti anche molto gravi e infezioni urinarie) e Klebsiella pneumoniae (capace di indurre quadri di polmonite severi, specialmente in ospedale) sono diventati sempre più insensibili agli antibiotici.

Un quadro - sottolinea l'Iss - che mostra la necessità di tenere alta la guardia su questo fenomeno, mettendo in atto iniziative volte a mantenere il più a lungo possibile l’efficacia di questi preziosi medicinali nel trattamento delle infezioni.

I due 'supebatteri' sotto sorveglianza mostrano un aumento nelle percentuali di resistenza alle cefalosporine di terza generazione, fluorochinoloni ed aminoglicosidi. Negli ultimi anni tra le resistenze si è aggiunta anche quella ai carbapenemi, antibiotici di ultima frontiera di norma impiegati nei reparti ospedalieri.

L'antibiotico-resistenza, sottolinea l'Iss, "non è uniforme nei Paesi dell'Unione europea, ma è maggiore al sud e nell'est Europa, tra cui soprattutto l’Italia". Il fenomeno nel nostro paese è monitorato dal progetto Ar-Iss, una sorveglianza sentinella coordinata dall’Iss, che riversa i dati nel progetto di sorveglianza europea Ears-Net. Sono necessari, indica l'Istituto, interventi multi-settoriali che riguardano un uso più attento degli antibiotici e strategie di controllo delle infezioni in tutti gli ambiti dell’assistenza sanitaria (ospedali per acuti, lungodegenti, strutture territoriali e cure ambulatoriali).              

Il messaggio degli esperti è, quindi, ok agli antibiotici, ma a patto che siano davvero necessari e vengano usati contro i batteri sensibili. In queste circostanze i molti preparati equivalenti disponibili rappresentano la scelta migliore per combattere le infezioni efficacemente e vantaggiosamente da un punto di vista economico.

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