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«I dati forniti dal rapporto di Farmindustria sul “biotech”, con l’annuncio dell’arrivo di centinaia di nuovi trattamenti, sono incoraggianti anche per noi: significa che in futuro ci saranno altrettante opportunità per i farmaci biosimilari», sostiene Francesco Colantuoni, vicepresidente di AssoGenerici, commentando i dati diffusi dall’associazione che riunisce le industrie del farmaco. «Come emerso chiaramente anche dall’andamento del Congresso annuale della Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO) recentemente tenutosi a Chicago – dice Colantuoni - è ormai evidente che in alcuni settori chiave della medicina, come l’oncologia, ma anche l’infettivologia e l’endocrinologia, si sia arrivati a una svolta grazie alle terapie biologiche. E’ però altrettanto evidente che l’arrivo di queste terapie, tanto innovative quanto costose, pone un problema etico centrato sull’accesso alle cure».  Trattamenti dal costo pari a centinaia di migliaia di dollari/anno non sono, infatti, facilmente sostenibili. «Anche in Italia, una della principali preoccupazioni dei clinici è riuscire a garantire i nuovi trattamenti al maggior numero di pazienti per i quali sono indicati, stanti le limitazioni dei budget», prosegue il vice presidente di AssoGenerici. «Però, e lo abbiamo visto anche nel corso del nostro Convegno nazionale, a questa preoccupazione non seguono a volte comportamenti coerenti».  Se da una parte ci sono specialisti che ricorrono al biosimilare come farebbero con qualsiasi altro medicinale approvato dall’EMA, solo meno costoso dell’originator, quindi più accessibile e capace di liberare risorse da destinare ai nuovi trattamenti, dall’altra ci sono prese di posizione opposte, nelle quali si viene a chiedere di condurre sperimentazioni locali per stabilire se e a quali condizioni sia possibile usare il biosimilare. «Una situazione assurda: se un farmaco biosimilare è registrato come tale è perché ha già superato il vaglio della sperimentazione», afferma Colantuoni. Il vice presidente di AssoGenerici è convinto che le chiavi per orientare l’allocazione delle risorse del Servizio sanitario nazionale siano in mano al medico, il quale ha la possibilità di fare in modo di concentrare la spesa sui trattamenti innovativi pur continuando a garantire i trattamenti consolidati, grazie al ricorso ai biosimilari. «Ma quando si vede che in alcune Regioni la prescrizione di questi medicinali è pari al 40% e in altre al 10% soltanto si ha l’impressione che questa occasione di equità e razionalità la si voglia perdere», conclude Colantuoni.


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