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La spesa farmaceutica totale, pubblica e privata, è stata pari a 26,1 miliardi di euro, con un aumento del 2,3% rispetto al 2012. E’ il dato saliente dell’ultimo rapporto dell’Osservatorio sul consumo dei medicinali in Italia elaborato dall’ Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Nel 2013 ogni italiano ha consumato in media 1,7 dosi di farmaci al giorno (1.679 dosi al giorno ogni 1.000 abitanti) e il 70,4% di questi farmaci è stato erogato a carico del Servizio Sanitario Nazionale.  Ma un aspetto è particolarmente significativo: la prescrizione di farmaci a brevetto scaduto ha rappresentato nel 2013 il 64,3% delle dosi e il 41,5% della spesa netta (con un incremento del +3,8% rispetto al 2012); di questi solo il 14,9% è costituito dai farmaci equivalenti. Quest’ultimo dato, pur se in crescita rispetto al 2012 (in cui rappresentava il 13,4%), tradotto in termini più comprensibili, significa che l’85,1% dei farmaci a brevetto scaduto è stato pagato direttamente dai cittadini, che hanno dovuto corrispondere di tasca propria la differenza tra il costo del farmaco di marca senza più copertura brevettuale e il farmaco equivalente (erogato gratuitamente dal Sistema sanitario). Un’opportunità di risparmio sprecata, a parità di efficacia delle cure.  “L’aumento della spesa farmaceutica territoriale comunicato dal Direttore generale dell’AIFA, professor Luca Pani, costituisce effettivamente un segnale d’allarme. Non solo per le finanze pubbliche, ma soprattutto per i cittadini su cui ricade una quota non indifferente della spesa farmaceutica”, dice il presidente di AssoGenerici Enrique Häusermann. “Una parte almeno di questa maggiore spesa, però, potrebbe essere evitata – prosegue Häusermann -. Secondo i dati del nostro ‘salvadanaio’ i cittadini italiani da gennaio a giugno hanno speso 456 milioni di euro per pagare la differenza di prezzo farmaco tra generico e originale a brevetto scaduto, e già 34 milioni nella prima settimana di luglio. Una spesa di difficile comprensione, visto che esiste una notevole variabilità tra una Regione e l’altra se non tra un’ASL e l’altra”. Del resto è stato lo stesso professor Pani a indicare come la quota di medicinali equivalenti dispensata in Italia, il 14,9%, sia molto più bassa di quella dei paesi europei di riferimento. Come sottolineato dall’AIFA, sono in arrivo nuovi farmaci molto importanti, per i quali si rischia di non avere risorse sufficienti. 

E’ venuto il momento di aumentare il risparmio laddove è possibile senza mettere a repentaglio né la qualità né la sicurezza e l’efficacia delle cure. Un più ampio ricorso a equivalenti e biosimilari è oggi più che mai la chiave per poter garantire ai cittadini l’accesso ai salvavita di domani”.

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