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Interrotto in America, con quasi due anni di anticipo, uno studio scientifico federale per l'emergere di “dati salvavita”: la ricerca chiamata “Sprint” ha scoperto quanto bassa deve essere la pressione sanguigna sistolica (cioè la massima) per ridurre significativamente i rischio di infarto, ictus e morte. 

Il numero salvavita – dibattuto da decenni dagli esperti - è sotto i 120 mmHg. E' questa la cifra emersa dai test condotti da ricercatori dell'Istituto nazionale Usa per il cuore, polmoni, sangue su oltre 9.300 persone di sesso maschile e femminile e di oltre 50 anni di età.

I volontari erano stati divisi in due gruppi: uno doveva mantenere la pressione sistolica sotto i 140 mmHg, come attualmente raccomandato, l'altro sotto i 120 mmHg. I pazienti in quest'ultimo gruppo hanno evidenziato rischi di infarto, danni cardiaci e ictus più bassi di un terzo rispetto agli altri, e i loro rischi di morte sono risultati più bassi addirittura di un quarto. Lo studio dovrebbe portare ad un rapido cambiamento delle linee guida sulla pressione sanguigna.

Come in ogni medaglia, tuttavia, c'è anche l'altra faccia. Raggiungere valori di pressione del sangue inferiori, infatti, significherà ricorrere a terapie antipertensive (oggi disponibili come medicinali equivalenti) più incisive. Nello studio chi scendeva sotto i 120 mmHg prendeva in media 3 farmaci contro i 2 di chi rimaneva sotto ai 140 mmHg. il che potrebbe portare a una maggiore probabilità di effetti indesiderati. Ma i benefici superano comunque i rischi.

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