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Siamo più vecchi, e lo saremo sempre di più. Questo riguarda anche e soprattutto un paese come l’Italia, dove nel 1963 solo uno su dieci superava i 65 anni, mentre mezzo secolo dopo la proporzione è raddoppiata, uno su cinque.

Siamo più vecchi, e lo saremo sempre di più. Questo riguarda anche e soprattutto un paese come l’Italia, dove nel 1963 solo uno su dieci superava i 65 anni, mentre mezzo secolo dopo la proporzione è raddoppiata, uno su cinque. Ma è il mondo a invecchiare, quasi ovunque, perfino in molti dei paesi poveri, tra decrementi nella natalità e incrementi nella speranza di vita. Un rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, “ Ageing: Debate the Issue”, rilancia l’allarme per il futuro prossimo, stimando per il 2050 oltre 2 miliardi di anziani, il 21% della popolazione, mentre oggi sono “solo” il 12%.

Naturalmente ci sono i rovesci della medaglia. Gli anziani di oggi stanno meglio di ieri, e sperabilmente quelli di domani meglio di oggi. Più produttivi, dunque, dal lavoro al volontariato, e perfino in famiglia. Già oggi sono spesso non “fonte di problemi”, ma “soluzione”, considerando che, nota l’Istat, il rischio di povertà tra le famiglie con pensionati sia più basso delle altre (nel 2013 il 16% contro il 22,1%).

In ogni caso le ripercussioni sono evidenti e crescenti, sul piano sociale, economico, previdenziale. Cambia drasticamente la popolazione, deve cambiare anche il welfare, perfino dove oggi funziona. “I sistemi sanitari non sono pronti”, dice l’Ocse. La ricetta dell’Organizzazione – condivisa almeno a parole da molti addetti ai lavori – è quella di spostare la priorità da una Sanità fondata sugli ospedali (da specializzare sui casi più delicati e gravi) a un sistema di assistenza territoriale diffusa. E questo richiede il contributo di tutti, inclusa la disponibilità degli operatori a “fare rete”, sia sul piano organizzativo che su quello tecnologico, anzitutto nella condivisione delle informazioni mediche.

Ma oltre alle alchimie strutturali ci sono le soluzioni di immediato risparmio e piena efficacia a portata di mano. L’adozione dei farmaci equivalenti, ad esempio, che in Italia cresce ma rimane ancora inferiore alla media Ocse. Gli appelli in tal senso si moltiplicano, col passo dell’urgenza. Dall’Aifa alle associazioni di medici, dalle più note Ong mondiali a, ovviamente, Assogenerici (come documentato da molti giornali italiani negli ultimi giorni): “ Diffondere la cultura del generico”, l’obiettivo condiviso.

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