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La carta stampata non sta bene e non è solo “colpa della crisi”. Eppure c’è chi resiste, e questo si riscontra anche e soprattutto in ambito sanitario. Con ricadute spesso salvifiche per la qualità dell’informazione.

La carta stampata non sta bene e non è solo “colpa della crisi”. Prova ne è che anche dagli Stati Uniti, in cui in questi anni si è assistito a una discreta ripresa, arrivano notizie a ripetizione di cali di tiratura, chiusure e licenziamenti. Il problema è primariamente lo stravolgimento delle tecnologie di informazione, a iniziare dal web e dai suoi epigoni “social”. Eppure c’è chi resiste, e questo si riscontra anche e soprattutto in ambito sanitario. Con ricadute spesso salvifiche per la qualità dell’informazione.

Un ottimo esempio è il mensile “Come Stai” che, fondato ormai vent’anni fa a Milano, vende 12mila copie al mese: non male per una rivista di nicchia. Nell’edizione di aprile la rivista dedica un notevole spazio ai farmaci equivalenti. Quattro pagine scritte benissimo, a spiegarli con parole tanto semplici e precise da sembrare uscire dall’abile penna di un “comunicatore professionista” e invece a firma di un esperto medico di base, la dottoressa Geltrude Consalvo. S’intitola “Curarsi risparmiando”. Sottotitolo: “ Compreso che questi farmaci sono efficaci come quelli di marca, l’unica differenza è che costano meno. Una guida al loro uso per chi ha ancora qualche diffidenza ”.

È vero che la rete è uno strumento prezioso d’informazione (anche noi siamo qui) con la sua mole infinita di nozioni accessibili e di spazi preziosi di confronto tra medici, pazienti e associazioni ma, come sanno i “guru” del settore, il web si presta perlopiù a testi di estrema sintesi. Per gli approfondimenti, a farla da padrone è ancora il cartaceo.

Da quella rivista esce un articolato chiarimento sul generico: “ stesso principio attivo, stesso dosaggio, stessa formulazione e identico numero di unità posologiche”, rispetto al farmaco di marca. Cambia solo il nome e il prezzo, dati i diversi costi di ricerca richiesti dagli originator. Non sono “confezionati in fabbriche del Terzo Mondo”, almeno se “comprati in una farmacia o in una parafarmacia” (e non importati privatamente tramite qualche sito web). Sono sottoposti a norme e controlli rigidissimi sulla piena “bioequivalenza” rispetto all’originator, al punto che “anche le materie prime e il prodotto finito devono soddisfare le specifiche della Farmacopea europea” […]senza dimenticare che sono soggetti anche alla cosiddetta ‘sorveglianza’ post marketing che offre ulteriori garanzie. E poi: “ favoriscono l’aderenza terapeutica, per vari motivi. Il primo, molto importante, è il prezzo più basso”.

E avanti così, pagine e pagine a chiarire quei concetti di base. Lunga vita ai giornali di carta.

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