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Il brevetto di un farmaco antitumorale è scaduto in gennaio. Ebbene, il suo equivalente, ora autorizzato dalla scadenza della licenza, consentirà a ciascun paziente un risparmio da centomila dollari nell’arco di cinque anni.

I macro-dati sono essenziali, ma i “piccoli” casi specifici a volte spiegano meglio. Lo ha fatto una ricerca pubblicata il mese scorso sullo statunitense Journal of the National Cancer Institute (edito da Oxford University Press) con la supervisione di scienziati europei, fornendo dati salvifici per le nostre tasche. Su una patologia grave e costosa.

La sostanza è questa: esiste un farmaco antitumorale il cui brevetto è scaduto in gennaio. Ebbene, il suo equivalente, ora autorizzato dalla scadenza della licenza, consentirà a ciascun paziente un risparmio da centomila dollari nell’arco di cinque anni. Questo per i cittadini. Per gli assicuratori sanitari americani andrà ancor meglio, con una cifra stimata sui nove milioni di dollari.

La malattia focalizzata è la leucemia mieloide cronica. Ha origine nelle cellule del midollo osseo, precursori di quelle del sangue, che in questo caso non riescono a completare la trasformazione adeguata entrando in circolo nell’organismo. In quanto “cronica” ha una progressione lenta e spesso asintomatica, ma può innescare nel tempo una crescita incontrollata delle cellule tumorali.

Va da sé che l’indagine condotta nell’Illinois neppure contemplava l’ipotesi che il passaggio dal farmaco di marca al generico potesse accompagnarsi a un sacrificio di qualità della cura. Il dibattito su questo è semplicemente estinto negli Stati Uniti, il paese a più alto consumo di equivalenti: per legge, oltreoceano, e in modo ancor più rigoroso in Europa, le norme e i controlli blindano i “generici” alla completa equivalenza sotto il profilo dei principi attivi, efficacia e sicurezza terapeutica.

Il tema dunque non c’è. E’ solo commerciale, una questione di brevetti e relativi costi: la loro scadenza comporta un risparmio per il consumatore, qui stimata dagli analisti fino al 90% del prezzo del medicinale di marca. Una proporzione che per tantissimi fa la differenza tra il potersi curare o meno.

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