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Un dossier internazionale che, pur tra le difficoltà economiche degli ultimi anni, svela qualche dato incoraggiante per il nostro Paese

Nel tritacarne dell’informazione la Sanità, come altri settori, “fa notizia” perlopiù quando ci sono gli “scandali”. I casi di “malasanità” (a volte solo presunta), oppure di “corruzione”, finiti nei giorni scorsi sulle prime pagine per il meritevole quanto allarmante rapporto in materia presentato da Transparency Italia, Censis e Ispe-Sanità. Poco, invece, lo spazio alle “buone notizie”, e ai tanti che lavorano tanto, in silenzio e bene per la salute. E su questo spunta un dossier internazionale che, pur tra le difficoltà economiche degli ultimi anni, svela qualche dato incoraggiante per il nostro Paese.

Il rapporto si chiama proprio “Crisi economica, sistemi sanitari e salute in Europa”. Redatto in collaborazione con l’Osservatorio Europeo sui Sistemi e le Politiche Sanitarie (Eohsp – che include governi, centri di ricerca, Università, anche fuori dall’Ue), ha fatto riunire intorno a un tavolo a Roma alcuni dei principali operatori, studiosi e decisori del settore, inclusa la stessa ministra della Salute, Beatrice Lorenzin.

Non mancano le criticità e le ricadute sulla stessa salute. Questo “non sorprende – spiega il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Walter Ricciardi – in quanto una fase prolungata di crisi, con le conseguenti misure di austerità, porta a peggioramento dello stato di salute, specie nei gruppi più vulnerabili, inasprendo le diseguaglianze sia tra Paesi diversi sia all’interno di uno stesso Paese ”. Ed è grave, perché il peggioramento della cura compromette, assieme alla salute, anche la “produttività” su cui si gioca l’economia.

I dati sono eloquenti, per larga parte dei 53 paesi esaminati. Dal 2009 al 2012 il calo della spesa pubblica sanitaria pro capite è stato addirittura del 9% in Grecia, principale bersaglio della recessione. Malino anche l’Italia, con una diminuzione dell’1,1%. Tuttavia, sul nostro paese emerge a sorpresa qualche cifra di segno opposto, in particolare sull’incidenza della spesa sanitaria su quella pubblica che, anziché decrescere, è aumentata: dal 13,85% nel 2007 al 14,2% nel 2011. Non male, anche perché tale variabile è ritenuta un indicatore della “propensione all’investimento” nella salute.

Naturalmente si può fare molto di più. Meno corruzione, ovviamente, così come maggior ricorso ai farmaci generici per liberare risorse con la medesima qualità terapeutica. Ma anche a parità di risorse si può far meglio. Qualcosa è in cantiere. “ Dalla contrattazione collettiva nazionale alle forme di welfare aziendale, sta prendendo piede un modello innovativo di partnership pubblico-privato che noi sosteniamo e che, in questi anni di crisi economica, ha rappresentato un aiuto concreto per la salute di molte famiglie ”, nota il presidente di Federmanager Stefano Cuzzilla. Si chiama “sanità territoriale”, se ne parla da tempo, ma il margine resta amplissimo.

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