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L'Institute of Public Health dell'Università di Cambridge ha realizzato una “ricerca delle ricerche”, raggruppando le indicazioni emerse da tutto il mondo al fine di individuare le categorie più sensibili all'ansia.

Preoccupazioni eccessive, paure, tendenze all'isolamento. Sono alcune tra le forme più lievi di quel fenomeno dilagante rappresentato dai disturbi dell'ansia, fonti di malessere psichico ma anche di una maggiore esposizione ad altre patologie psicofisiche. Talmente esteso dall'aver indotto l'Institute of Public Health dell'Università di Cambridge, previa finanziamento pubblico, a compiere una “ricerca delle ricerche”, raggruppando le indicazioni emerse da tutto il mondo al fine di individuare le categorie più sensibili e potenziare in prospettiva le capacità di prevenzione e cura.

Dalle 1200 indagini riesaminate emerge anzitutto la portata del problema, che colpisce ogni anno ben 60 milioni di cittadini europei, oltre il 10% della popolazione continentale, e proporzioni analoghe negli Stati Uniti, dove il costo sanitario annuale calcolato a oltre 42 milioni di dollari. In ambedue i casi la variabile più vistosa emersa è quella di genere. L'ansia colpisce le donne il doppio degli uomini, con una prevalenza riscontrata soprattutto al di sotto dei 35 anni.

La ricerca non è intesa a fornire spiegazioni sulle ragioni di tali tendenze. Possono dunque ora scatenarsi psicologi, biologi e sociologi. Tuttavia c'è qualcosa che già salta agli occhi e sgombra il campo da possibili eccessi di “dietrologia” sulle differenze di sesso. Difficilmente l'ansia è immotivata, vi sono anzi associate problematiche assai concrete. Ad esempio, i disturbi ossessivo-compulsivi sono rilevati con particolare frequenza tra le donne incinta e nella fase immediatamente successiva alla nascita, ossia nel momento più rilevante e delicato dell'esistenza umana, quello della creazione.

Analogamente, l'ansia colpisce primariamente persone che soffrono di gravi patologie, ad esempio l'11% degli adulti con malattie cardiovascolari, e addirittura un terzo dei pazienti di sclerosi multipla. L'indicazione più rilevante di tale ricerca dimora proprio nel fatto che l'ansia non spunti “dal nulla” nella nostra psiche, bensì sia largamente il correlato di reali sofferenze e fondate preoccupazioni.

Alcuni dati sembrerebbero entrare in contraddizione. Sono quelli che rilevano minori livelli d'ansia nelle minoranze etniche o linguistiche nei paesi occidentali, nonché in continenti più poveri. Invece non c'è paradosso, anche qui agisce un semplice fatto di sostanza, riconosciuto dagli stessi ricercatori: quello che in tali contesti il livello e la capillarità dell'assistenza sanitaria sono inferiori, impattando anche sulla diagnosi.

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