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A leggerlo superficialmente, il dato emerso in questi giorni sull’impennata delle assicurazioni sanitarie potrebbe suonare come un indicatore di benessere. La realtà è tuttavia ben più complessa.

A leggerlo superficialmente, il dato emerso in questi giorni sull’impennata delle assicurazioni sanitarie potrebbe suonare come un indicatore di benessere, e magari anche di una pur parziale ripresa dei redditi familiari al seguito della più grave crisi economica del dopoguerra. La realtà è tuttavia ben più complessa, e fornisce viceversa segnali allarmanti sull’andamento dell’assistenza pubblica in Italia.

Nel 2015 le polizze private per malattia, rivela il Censis, hanno sfondato la quota di 2 miliardi di euro, il doppio rispetto a vent'anni fa. Il dato va ad alimentare quello delle spese private nella Sanità che, nonostante la recessione, ora superano i 33 miliardi di euro, cinque in più rispetto al 2004.

Non siamo diventati più ricchi, anzi. Lo stesso istituto di ricerca ha documentato come siano addirittura undici milioni gli italiani che rinunciano alle cure perché non possono permettersele, mentre solo nel 2012 erano due milioni in meno. La spiegazione di quell'incremento di spesa sta piuttosto nel fatto che ci si sente sempre meno assistiti dal Sistema Sanitario Nazionale, i cui ticket sono del resto saliti fino a rendere alcune prestazioni pubbliche perfino più onerose di quelle private. Oltre il 57% degli italiani ritiene, pertanto, che una polizza sia la soluzione più adeguata, alla ricerca non tanto di “corsie preferenziali” quanto anzitutto dell'assistenza di base.

E quando non ce la possiamo permettere, ci indebitiamo: secondo un'altra indagine, i prestiti per coprire cure mediche sono saliti al 4% del totale nel 2015, due anni prima erano al 2,5%. Gli assicuratori si sfregano le mani e moltiplicano anche gli accordi con le Asl per potenziare i propri prodotti, ma lo scenario tratteggiato è quello di una crisi crescente del servizio pubblico, per ragioni anzitutto finanziarie.

In questo quadro non si può continuare a ricorrere a misure contabili di corto respiro. Esistono fattori destinati a durare nel tempo, a cominciare dall’innovazione farmacologica ”, avverte il Presidente di Assogenerici Enrique Häusermann, ricordando i contributi pregressi e quelli potenziali del settore all'obbiettivo di contenimento dei costi: “ Se si pone l’accento sul valore di ciò che il Servizio Sanitario acquista, è arduo non considerare che equivalenti e biosimilari ottimizzano il valore dell’investimento pubblico in salute ”.

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