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l nodo dei certificati medici per le attività sportive era sottoposto a un articolato quadro normativo, riformato di recente, che lasciava aperti alcuni dubbi specie in relazione allo sport non agonistico. Dopo qualche rinvio, è arrivata finalmente la circolare del Coni.

Il nodo dei certificati medici per le attività sportive era sottoposto a un articolato quadro normativo, riformato di recente, che lasciava aperti alcuni dubbi specie in relazione allo sport non agonistico. Dopo qualche rinvio, è arrivata finalmente la circolare del Coni, che fa chiarezza sulla base di criteri sanitari di buon senso e sgombra il campo da possibili equivoci, anche con risvolti legali.

Se per l'ambito agonistico la normativa resta ancora quella varata nel 1982 - che tra l'altro assegna ai soli medici specializzati nella medicina dello sport la titolarità a erogare i certificati, prevede un preciso protocollo nazionale in relazione alle modalità delle visite annuali e stabilisce la gratuità per minori e disabili – per lo sport non agonistico si è cercato una disciplina semplificata col decreto del 2013 (legge Balduzzi).

Un anno dopo sono poi giunte le “linee guida” ministeriali, che ribadivano alcuni paletti. In particolare, si è stabilito, anche per i non tesserati, un obbligo di certificazione (rilasciabile anche dal medico generico) per l’ambito scolastico, inclusi i Giochi studenteschi. All’obbligo sono state incluse le attività organizzate dal Coni e da società sportive associate e riconosciute. Era quest’ultimo il tassello richiesto e mancante, rimandando a una direttiva del Comitato Olimpico che chiarisse dove fosse necessario o meno, ed essa è ora arrivata.

Sostanzialmente (nello spirito della legge), si distinguono tra tesserati in attività fisiche svolte regolarmente (dal Coni ed enti associati) - per i quali l’obbligo permane, benché derubricato a certificato non agonistico, rilasciabile da qualsiasi medico di famiglia – e tesserati in attività, pur riconosciute da qualche parte come “sportive”, che non comportano impegno fisico, e quindi non richiedono più certificazioni: tra queste, sport di tiro, biliardo, bocce (a eccezione della specialità volo di tiro veloce), bowling, bridge, golf, dama, pesca sportiva di superficie (salvo la pesca d’altura), scacchi, curling.

Tutto questo sembra una banalità, ma finora non c’era, nel balletto, anche giuridico, tra sport, attività ludiche e sportive con esigenze di certificazione o meno. Al di là degli aspetti normativi, il messaggio è quello del buon senso. Laddove lo “sport” è davvero roba rilassata, va bene tutto, senza neanche preoccupazioni di certificazioni. Laddove implica uno sforzo, anche e soprattutto in ambito amatoriale e magari attempato, il “fare attenzione” non solo è un imperativo giuridico, è la nostra salute a chiedercelo.

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