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Che faccia bene passeggiare, e farlo possibilmente nel verde, è una verità antica, bagaglio non solo di ogni medico ma anche del sentire comune. Ma ora da una ricerca australiana arriva qualche documentato dettaglio in più.

Che faccia bene passeggiare, e farlo possibilmente nel verde, è una verità antica, bagaglio non solo di ogni medico ma anche del sentire comune. Da una ricerca australiana arriva qualche documentato dettaglio in più, accompagnato da un appello degli scienziati ai decisori perché ne facciano un vero e proprio obbligo prescrittivo da sottoporre all’intera popolazione – come si trattasse di farmaci, o addirittura “vaccini” - con massima priorità ovviamente fissata per chi vive in ambiti densamente urbanizzati.

L’Università del Queensland ha dunque realizzato una complessa elaborazione – ora pubblicata sulla rivista internazionale Scientific Reports – di questionari sullo stato di salute di oltre 1500 residenti nella città di Brisbane. Ne è emersa una stima sulle “dosi” minime necessarie perché la camminata nella natura porti i suoi acclarati benefici per la salute.

In particolare, viene fissato il paletto di almeno trenta minuti settimanali di erranza nel verde. Questi conseguirebbero un decremento del 7% nel rischio di patologie depressive e addirittura del 9% per quelle cardiovascolari. “Considerando che i costi sanitari della sola depressione in Australia sono stimati a quasi dieci miliardi all’anno – notano i ricercatori – i risparmi complessivi per i conti sanitari pubblici sarebbero immensi”.

Tutto questo potrebbe suonare una banalità, eppure non lo è, anche in ragione del fatto che il 40% degli intervistati ammette di non aver mai visitato un parco cittadino. Ad accreditare la serietà dello studio e delle cifre fornite interviene inoltre un ridimensionamento degli aspetti “sociologici” facilmente desumibili sul tema.

Ad esempio, chi si dichiara “amante della natura” riferisce ai ricercatori anche di stringere più intense relazioni interpersonali, ritenute un volano importante contro le tendenze repressive. Tuttavia dall’indagine non emergono controprove reali circa un nesso tra le dichiarazioni di amore per il verde e la propensione alla “coesione sociale”. Questa si appalesa nella realtà non tra chi “dichiara” belle parole sulla natura, ma solo tra chi ci va davvero.

Coloro che si dichiarano “amanti della natura” sono anche quelli che riferiscono di livelli superiori di “coesione sociale”, con tutto ciò che consegue per il benessere psico-fisico. Invece, tale aspetto non trova riscontro nella realtà. Lo trova solamente quando nella natura ci si va davvero.

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