MENU
Si rinuncia alle cure per ragioni di paura o pigrizia, per ritardi e carenze organizzative dei servizi sanitari. Ma soprattutto perché costano troppo, ed è un “troppo” insostenibile in momenti di crisi.

Si rinuncia alle cure per ragioni di paura o pigrizia, per ritardi e carenze organizzative dei servizi sanitari. Ma soprattutto perché costano troppo, ed è un “troppo” insostenibile in momenti di crisi. Ai tanti allarmi lanciati dalle associazioni dei pazienti si aggiunge il sigillo ora di un approfondimento di Eurostat. Che affronta il tema su scala europea, sulla base di dati relativi al 2014, ma rileva segnali particolarmente preoccupanti per il nostro paese.

Il dato generale è che il 6,7% della popolazione dei 28 denuncia un bisogno insoddisfatto di cure. Per il 2,4% degli europei la prima motivazione è dovuta ai costi; la seconda è quella delle liste d'attesa troppo lunghe, per l'1,1%. Le percentuali di insoddisfazione ribadiscano poi un quadro di pesanti disparità nel continente. A lamentare la situazione più grave è l'Estonia, col 13% dei suoi cittadini costretti a rinunciare alla cure, mentre il quadro migliore, forse a sorpresa, emerge a Malta, dove la proporzione scende al 2%.

L'Italia, col suo 7,8%, sta messa purtroppo sotto la media europea, seppur non di molto, ma è comunque un dato che stride malamente con la più volte decantata pretesa di rappresentare la “migliore sanità al mondo”. Peggio ancora, è un dato che suona sottostimato rispetto all’ampiezza del dramma, che il Censis ha conteggiato recentemente nella cifra di 11 milioni di persone costrette a rinunciare o a rinviare le cure.

Sul perché di tutto questo interviene ancora, non a caso da noi più che altrove, il nodo dei costi. Per gli italiani, ancor più che per gli altri, è il primo dei problemi. Il 6,2%, quasi il triplo della media europea, rinuncia alle terapie (ospedaliere o farmacologiche) perché non se le può permettere e non per le liste d’attesa, “assolte”, ovvero confinate allo 0,8%.

Il dato è significativamente parallelo a un altro, e cioè a quello che ci colloca agli ultimi posti europei nel ricorso ai farmaci equivalenti. Si discute molto di costi sanitari che “sfondano” i tetti. A ben vedere, stando anche agli ultimi dati dell’Agenzia Italiana del Farmaco, mentre la spesa farmaco-ospedaliera “vola”, quella territoriale, affrontata dai cittadini nelle farmacie, non sfonda proprio nulla. Al contrario crolla, con cali accertati a oltre il 6% nei primi mesi dell’anno. Segno che i pazienti non ce la fanno più. E che l’uso dei meno costosi medicinali equivalenti – identici per efficacia e sicurezza terapeutica – non è più un’opzione residuale, ma un dovere sociale. Per noi stessi e per tutti.

Articoli Correlati

x