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Nel mondo della sanità i temi occupazionali non sono solo questioni “sindacali”. La ricaduta delle carenze di personale – in quantità e qualità del loro lavoro – è appunto sull’ambito primario della salute della collettività, con effetti diretti e oramai ben documentati.

Nel mondo della sanità i temi occupazionali non sono solo questioni “sindacali”. La ricaduta delle carenze di personale – in quantità e qualità del loro lavoro – è appunto sull’ambito primario della salute della collettività, con effetti diretti e oramai ben documentati. La Federazione Nazionale Collegi Infermieri (Ipasvi) ha rilanciato in questi giorni l’attenzione sul settore, con cifre piuttosto preoccupanti.

Si tratta di rielaborazioni sulle singole regioni dai dati dell’ultimo Conto annuale della Ragioneria Generale dello Stato, in vista dell’apertura delle trattative sul nuovo contratto nazionale. Analisi “interessata”, dunque, ma su elementi reali. La stima è di un fabbisogno di addirittura 47mila infermieri, con punte segnalate soprattutto in Campania, Lazio e Calabria, e il corollario di retribuzioni diminuite di 70 euro negli ultimi cinque anni e di un ricorso sempre maggiore a straordinari e turni massacranti.

Questo dice l’Ipasvi, e noi stessi abbiamo documentato in passato il disagio della categoria, tanto da rappresentare dal 2012 la principale professione degli emigranti italiani, alla ricerca di migliori opportunità, salari e condizioni lavorative, specie in Inghilterra, Germania e Svizzera. Sicché, se in Italia nel 2009 il 90% dei laureati trovava lavoro entro l’anno, la proporzione è crollata al 25% cinque anni dopo, con l’esito ultimo che ci sono 25mila neolaureati disoccupati, mentre al contempo, con l’aumentare dei contratti precari, incrementa il numero di infermieri stranieri.

Sull'impatto diretto di tali carenze professionali per la salute pubblica il riscontro scientifico è consolidato, anche in ambito internazionale. Ad esempio, nei mesi scorsi un'estesa indagine pubblica britannica sul rapporto tra utenti e personale sanitario in 137 ospedali nazionali ha rilevato una riduzione del 20% della mortalità per effetto del solo abbassamento da 10 a 6 del numero medio di pazienti affidati a ogni infermiere.

E in Italia quel rapporto è confinato a un modesto 1 a 12. Il tema non riguarda dunque solo i lavoratori e le loro controparti. Ci riguarda tutti, con una certa urgenza. Abbiamo bisogno di infermieri.

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