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Da Cleveland, una ricerca sulla progressione tumorale della pelle da cui sembrerebbe che gli afro-americani rischiano meno di ammalarsi, ma, quando succede, risultano più gravemente colpiti degli altri.

I pregiudizi sono duri a morire, e ancora di recente la scienza medica si è trovata a smentire una serie di idee sbagliate – tramandate da retaggi “razzistici” o anche solo da impressioni “istintuali” – sulle presunte differenze fisiologiche tra “razze”. I bianchi sono più esposti a una patologia o meno all’altra, i neri resistono meglio al dolore. Eccetera. Tutto falso, e oggi ampiamente confutato. Una ricerca americana sembra d’altronde aver identificato una differenza reale, che afferirebbe proprio alla pelle.

Da Cleveland, gli studiosi della Case Western Reserve University hanno preso in esame i dati raccolti nel registro nazionale dei tumori tra il 1992 e il 2009 su quasi centomila pazienti affetti da melanoma, residenti nelle isole americane del Pacifico, esaminandone la progressione tumorale al momento della diagnosi e negli sviluppi, in relazione alla gravità iniziale della patologia.

Il risultato più eclatante è che, se i “caucasici” erano risultati assai più esposti degli altri alla malattia, gli “afro-americani” avevano però le possibilità più basse di sopravvivenza. Questi ultimi rischierebbero dunque meno di ammalarsi, ma quando avviene risultano più gravemente colpiti degli altri.

Dinanzi a tale tipo di analisi sorge subito il dubbio che ambedue le differenze siano banalmente da ascriversi al minor grado di tutela sanitaria che viene mediamente offerto alla popolazione di colore negli Stati Uniti. Questo è un dato reale, e tuttavia tale fattore è stato “neutralizzato” nell’ambito della ricerca confrontando persone che erano nella stessa situazione patologica iniziale e ricevevano cure analoghe.

L’indagine ristabilisce allora, seppur in relazione al solo melanoma, la fondatezza di qualche pregiudizio sulle differenze fisiologiche “di razza”? Non proprio. In realtà, i ricercatori di Cleveland lanciano il messaggio esattamente opposto. “I nostri risultati suggeriscono la necessità di maggiore consapevolezza e attenzione alla diagnosi per le popolazioni non-bianche al fine di incrementarne le probabilità di guarigione”. Ancor più esplicitamente, notano che "Non è dunque la conferma di un preconcetto, è anzi la denuncia della sua permanenza, a scapito della cura di molti, specie tra le fasce più deboli."

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