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E' presto per cantare vittoria, ma la novità annunciata dall'Università americana del Niagara sembra avere il potenziale di migliorare la qualità della vita per milioni di pazienti diabetici.

E' presto per cantare vittoria, ma la novità annunciata dall'Università americana del Niagara sembra avere il potenziale di migliorare la qualità della vita per milioni di pazienti diabetici. Ogni giorno sono costretti all'appuntamento fisso con l'iniezione di insulina, ma se la novità troverà ulteriore conferma sperimentale, quel fastidioso gesto potrebbe relegarsi al passato.

La ricerca è stata illustrata nei giorni scorsi al 252esimo Congresso nazionale dell'American Chemical Society di Washington, che con i suoi 157mila associati è il più esteso raggruppamento chimico-scientifico al mondo, depositario inoltre di una quantità notevole di raccolte dati e riviste accademiche. Ed è qui che è stata presentata una specie di “pillola” che potrebbe sostituire la puntura.

Non è la prima volta che si prova a superare il principale dei problemi, che è lo stomaco, il cui ambiente ostile e acido fa generalmente degradare la pillola impedendole di raggiungere l'intestino e quindi la destinazione finale, ossia il sangue, al fine di gestire correttamente i livelli di zucchero. Un tentativo, di scarso esito, è stato allora fatto con l'insulina “inalabile”. Un altro, in corso di sperimentazione, prevede l'impacchettamento in un rivestimento polimerico.

La novità perorata dai ricercatori è invece quella di un involucro “naturale” e ancor più resistente. Si tratta di una particella neutra a base lipidica, battezzata “Cholestosome”. Essa sarebbe sufficiente a trasportare il farmaco senza altro rivestimento, una sorta di “mattoncino di grasso” a forma sferica e di piccolissima dimensione. In base a simulazioni al computer e ai primi test sui topolini, sarebbe dunque capace di superare la strenua resistenza dello stomaco, facendosi invece “riconoscere” dall'intestino, che quindi le assorbe nel flusso sanguigno rilasciando l'insulina.

Serviranno ulteriori sperimentazioni, animali e umane. Ma qualora dessero esito positivo, si spalancherebbe una metodica assai meno invasiva dell'iniezione, con rilevante sollievo per i pazienti. Per giunta uno strumento del tutto naturale, e ad alta biodisponibilità.

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