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Tra concerti, convegni, incontri di piazza l’Italia si è mossa in questi giorni sull’Alzheimer, al ricorrere della 23esima giornata mondiale. Un’occasione per ricordare che la gravità del problema è tale da meritare un’attenzione ben più estesa di quelle ventiquattr’ore.

Tra concerti, convegni, incontri di piazza l’Italia si è mossa in questi giorni sull’Alzheimer, al ricorrere della 23esima giornata mondiale. Un’occasione per ricordare che la gravità del problema è tale da meritare un’attenzione ben più estesa di quelle ventiquattr’ore, e che molto di più si può fare per aiutare le persone, nell’assistenza quanto nella cura.

Ogni anno si registrano quasi dieci milioni di nuovi casi nel mondo, cioè uno ogni tre secondi, e in Italia, secondo un’indagine del Censis con l’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer (Aima), ne soffrono 600mila ultrasessantenni, stando solo ai casi accertati (senza contare i milioni di anziani con altre forme di deficit cognitivo), ossia quasi il 20% in più rispetto solo a dieci anni fa, il che segnala una tendenza anche per l’avvenire. Dimenticarcene è un male, per tutti, oltre che per i pazienti, considerando che i costi diretti dell’assistenza nel nostro paese superano gli 11 miliardi di euro, pari a oltre 70mila euro a paziente. E considerando anche un’altra cosa: che solo un quarto di quei costi è sostenuto dal Servizio Sanitario Nazionale, il resto è tutto a carico delle famiglie.

Così non va, perché molte non ce la fanno, e perfino quando ce la fanno non è facile, anche perché a invecchiare sono gli stessi “caregiver”, ossia i figli e i badanti che li aiutano. Mediamente hanno quasi 60 anni, nel 2006 ne avevano 5 in meno, così come i malati hanno oggi quasi 79 anni, due in più rispetto a dieci anni fa. Invecchiano tutti, aumentano i rischi, mentre ancora è troppo lento il progresso nell’assistenza. Oggi ci vogliono in media quasi due anni per una corretta diagnosi, vent’anni fa la durata era solo di qualche mese in più.

Eppure i progressi ci sono stati. Esistono molti specialisti pubblici, esistono diverse Unità di Valutazione Alzheimer, ed esistono le novità della ricerca, sulle possibilità terapeutiche e su quella variabile decisiva che è una tempestiva diagnostica. Di questi giorni, ad esempio, l’esito di uno studio tutto italiano, svolto dall’Istituto di Neuroscienze del Cnr (progetto “Italian Longitudinal Study on Aging”) su oltre duemila anziani, che avrebbe elaborato un modello capace di predire con otto anni di anticipo varie forme di demenza, a partire dall’osservazione di piccoli deficit comportamentali.

Di quei progressi molte famiglie rimangono però lontane, spesso per poca informazione, ancor più spesso per poche risorse. Nella Giornata è spuntata anche una lettera aperta della presidente dell’Aima Patrizia Spadin ai vertici dell’Inps. Lamenta le cifre irrisorie delle indennità di accompagnamento e perfino le difficoltà ad accedervi. Chiedendo “ un’iniziativa per trovare soluzioni che evitino di far ricadere tutto su pazienti e familiari, già così duramente colpiti”.

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