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Che il piccolo abbia o meno ragione a sottrarsi agli sguardi indiscreti è comunque un proposito che sembra avere i giorni contati. Le avveniristiche tecnologie dell’immagine a tre dimensioni entreranno nei monitor degli specialisti.

Negli archivi video di tante famiglie le prime immagini del bebè sono oramai quelle che addirittura precedono la nascita. E sono immagini struggenti, commoventi, a volte buffe, che sembrano tra l’altro anticipare non solo i tratti somatici, ma (quantomeno “col senno di poi”) perfino alcuni segnali della sua impronta caratteriale.

 

Solo che quelle ecografie risultano talora problematiche. Mentre i genitori si emozionano e i medici spalancano gli occhi alla ricerca di ogni dettaglio, il nascituro a volte sembra ribellarsi a quella specie di “Grande Fratello” che vorrebbe violare la nuda privacy di quell’esistenza magica e placida nel grembo materno. Sicché si gira, si agita, si addormenta, e insomma si nasconde, e pur senza ancora conoscere il problema del “pudore”, magari cela anche le parti intime. Sono ancora tante le gestanti che escono deluse dal monitoraggio perché esso non è riuscito neppure ad accertare il sesso del nascituro, e ci sono ancora perfino casi in cui l’esito annunciato viene clamorosamente smentito dopo il parto.

Che il piccolo abbia o meno ragione a sottrarsi agli sguardi indiscreti è comunque un proposito che sembra avere i giorni contati. Le avveniristiche tecnologie dell’immagine a tre dimensioni entreranno nei monitor degli specialisti. La fotografia bidimensionale permette di nascondersi, la terza dimensione permetterà di vedere tutto, perfino, recita l’annuncio, “gli organi interni”.

E’ dal Brasile che arriva la novità, presentata dagli studiosi della Clinica di Diagnostica per Immagini di Rio de Janeiro al Congresso della Società di Radiologia del Nord America. Il progetto è avvalorato dal fatto che non è solo roba “tecnologica”, bensì segna un’utile collaborazione tra medici e specialisti dell’immagine. Ed è duplice anche la tecnologia, combinando le immagini rilevate tramite la risonanza magnetica con la realtà virtuale elaborata da un apposito visore, chiamato “Oculus Rift”.

“Può migliorare la nostra comprensione delle strutture anatomiche del feto”, spiegano gli scienziati, sottolineando l’accresciuta possibilità di riscontrare eventuali anomalie per aiutare a prendere decisioni su eventuali cure da affrontare prima o subito dopo la nascita. In ogni caso, promettono, è “un’esperienza meravigliosa”, che permette di vedere il corpo della vita che nasce, e non solo una goffa immagine schiacciata. E c’è da giurarci che anche il bebè, “col senno di poi”, ne sarà lusingato, anche per le possibilità di prevenzione e cura che si aprono con l’ausilio di quel che si può già vedere.

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