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Il “basso status” fa male alla salute non solo perché rende più difficile l’accesso alla terapia per limiti materiali (e anche in quanto, sostengono alcuni, favorirebbe comportamenti poco salubri come il ricorso al fumo o all’alcol), ma anche per alcune variabili psicologiche “debilitanti”.

Lo abbiamo già raccontato e documentato, quanto la salute sia purtroppo ancora un tema che si declini a seconda dello status sociale della persona, perfino in un paese avanzato come l’Italia. Lo si è detto a sottolineatura di alcune conquiste storiche (come il Servizio Sanitario Nazionale siglato dalla compianta ministra Anselmi, che fino a soli 40 anni fa neppure esisteva, pur con i suoi difetti), così come sull’urgenza di far leva su alcuni fattori di risparmio, come i farmaci equivalenti, che consentono a molte più persone di curarsi, con identica efficacia e sicurezza terapeutica.

Dagli Stati Uniti arriva una novità che allarga il perimetro della vicenda. Il “basso status” fa male alla salute non solo perché rende più difficile l’accesso alla terapia per limiti materiali (e anche in quanto, sostengono alcuni, favorirebbe comportamenti poco salubri come il ricorso al fumo o all’alcol), ma anche per alcune variabili psicologiche “debilitanti”. C’è il problema di “sentirsi ultimi”, è un problema che può concretamente innescare conseguenze per la salute.

Lo si legge sulla prestigiosa rivista Science, da uno studio della Duke University, avvalorato da verifiche successive di ricercatori europei. Emerge anzitutto una differenza nella speranza di vita tra ricchi e poveri di oltre 10 anni (addirittura 15 tra gli uomini). Ed emerge inoltre il contributo di alcuni fattori di natura strettamente psicologico-sociale.

Gli scienziati hanno dunque analizzato 45 macachi, dividendoli in cinque gruppi, e i più deboli, quelli “in fondo alla gerarchia sociale”, meno dotati di potere e più esposti a molestie, diventavano “cronicamente stressati”, con accertate conseguenze sanitarie. In particolare, questi hanno manifestato differenze in ben 1600 attività genetiche, e in particolare livelli superiori di “citochine infiammatorie”, foriere di diverse patologie, a iniziare da quelle cardiache.

La “somatizzazione” del disagio psichico è un tema serio quanto acclarato, e adesso si apprende inoltre quanto incidano non solamente gli aspetti “materiali” delle diseguaglianze. Conta anche, e forse anzitutto, l’ambito sociologico, quello definito dall’autostima, dal sentirsi esposti alle vessazioni e alle ingiustizie. Non è più solo un tema politico-economico. E’ una questione di salute. Lo ha raccontato, e preso atto, perfino il New York Times.

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