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Il parto in casa, con la sola assistenza di un’ostetrica, sta in effetti conoscendo un mini-boom. In Italia sono 500 i bimbi venuti al mondo così nel 2015, ossia lo 0,1% delle nascite

E’ una fantasia diffusa, antica, motivata da ottime ragioni affettive, a iniziare dalla magia della genesi e dell’incontro più importante - quello con una nuova vita- con quel che può conseguire (dall’ambito psicologico di un abbraccio fuori dal contesto dei protocolli e dei ricoveri) anche per la salute, sia della madre che del nascituro. Tuttavia è una fantasia pericolosa, perché il parto è certamente il momento supremo, ma lo è anche sul piano dei rischi, per affrontare i quali rimane necessaria una struttura ospedaliera.

Il parto in casa, con la sola assistenza di un’ostetrica, sta in effetti conoscendo un mini-boom. In Italia sono 500 i bimbi venuti al mondo così nel 2015, ossia lo 0,1% delle nascite, ed è comunque un dato inferiore alla realtà, considerando un numero crescente di parti “clandestini”, in particolare tra alcuni gruppi di immigrati che si trovano in quella condizione. E di certo è inferiore a quel che accade in altri paesi, dal Nordeuropa al mondo anglosassone, per consolidata tradizione. 

Tuttavia i rischi permangono, e possono affacciarsi anche al culmine di una gravidanza senza problemi. Quando avviene l’imprevisto un’ostetrica può non bastare, e men che meno il calore domestico. Servono medici e strutture attrezzate, tanto che perfino le costose cliniche vengono sconsigliate da alcuni specialisti, in quanto non sempre dotate della medesima ampiezza strumentale di un vero e proprio ospedale. Ci sarebbe, certo la “corsa al ricovero”, ma i tempi di trasferimento possono a loro volta non essere adeguati. Rischi che si traducono ai fatti in una maggior esposizione del bambino a patologie neonatali dopo un parto domestico, rispetto a quello in ospedale.

La soluzione migliore sembra essere un'altra, quella di “portare la casa in ospedale”, rendendo quest’ultimo un ambiente più accogliente e familiare (che includa il papà), e soprattutto attuando la pratica del rooming in, lasciando cioè madre e figlio nella stessa stanza subito dopo il parto, fatto fondamentale per la salute psicofisica di entrambi.

Passi in avanti sono stati fatti in tal senso, e a maggior ragione la Società Italiana di Neonatologia “sconsiglia vivamente” di esporsi al rischio di un parto domestico, pur “condividendo le motivazioni”, e facendole proprie. Ma se proprio la gestante si ostina in tale scelta, la Società stessa ha pubblicato alcune raccomandazioni imprescindibili, in linea con gli standard internazionali: una corretta informazione della donna sui rischi che corre in casa, l’esistenza di un centro ospedaliero vicino, preallertato e facilmente raggiungibile, con l’ausilio di personale addestrato alle manovre di rianimazione, la presenza di un’ostetrica esperta e la garanzia di controlli di routine per la madre e neonato nelle ore successive al parto. La creazione è l’atto vitale per eccellenza, e come tale va accarezzata e seriamente protetta.

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