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Ma perché i sardi vivono di più? Il quesito c’è, è sollevato da semplici dati demografici, ed è oggetto di crescente interesse da parte di scienziati di tutto il mondo. Senza andare lontano, una novità scientifica arriva proprio dalla Sardegna.

Ma perché i sardi vivono di più? Il quesito c’è, è sollevato da semplici dati demografici, ed è oggetto di crescente interesse da parte di scienziati di tutto il mondo. Senza andare lontano, una novità scientifica arriva proprio dalla Sardegna, ed è centrata – senza strane alchimie sul maestrale e altre leggende – sull’alimentazione, per certi versi spiazzando un po’ le aspettative, specie perché segnalerebbe che gli avi avrebbero mangiato più sano dei contemporanei.

L’indagine ha fatto leva su tecniche innovative di estrazione del Dna dalla placca dentale dei sardi vissuti 200 anni fa. L’esito, in sintesi, è che allora mangiavano più verdura e meno carne, a beneficio della prevenzione di diverse patologie croniche a carattere auto-immune o cardiovascolare. A partire dagli anni ’50 del secolo scorso c’è stato un cambio di indirizzo in favore della carne, sicché la percentuale di alcuni micro-organismi, i cosiddetti “batteri anaerobi” si è addirittura centuplicata.

“Il loro eccesso fa sì che possano attraversare le barriere tessutali ed entrino in circolo sanguigno esponendoci a malattie come l'artrite reumatoide, o patologie come l'aterosclerosi”, spiega il professor Germano Orrù, dell’Azienda universitaria di Cagliari. Al dato fa riscontro anche un recente studio dell’Università di Sassari, che sottolineerebbe il ruolo benefico di produrre “in casa” le verdure, la frutta, i formaggi, perfino il vino, senza troppi additivi chimici.

E poi ci sono gli studi internazionali, addirittura una società biotecnologica inglese ha acquistato una banca dati per analizzare le informazioni genetiche di decine di migliaia di sardi, dove i centenari sono percentualmente il doppio, ad esempio, di quelli di Gran Bretagna e Stati Uniti. Insomma l’affascinante isola è entrata a pieno titolo nell’alveo delle zone “sotto osservazione” per l’eccellente longevità, al pari della giapponese Okinawa o della greca Ikaria. Il cui tratto comune, al di là dei miti, sembra essere proprio quello di un consumo relativamente limitato di proteine animali.

Lo studio cagliaritano sembra peraltro lasciare aperto un quesito. I benefici accertati si riferiscono a un paio di secoli fa, ma negli ultimi decenni, pur con abitudini apparentemente “peggiorate” per l’aumentato uso della carne, la longevità risulta aumentata, come altrove. La risposta sta un po’ nel miglioramento generale delle condizioni di vita dal dopoguerra. Ma sta anche in un altro dato di fatto: i centenari in Sardegna non sono un fenomeno odierno. A spulciare tra gli archivi delle parrocchie spunta tra l’altro il caso di un uomo, nato nel 1718 e morto nel 1842, e risposatosi a 110 anni. A leggere gli ultimi studi, il suo segreto non stava affatto nel maialino, ma in quel che semplicemente cresceva nel suo orto.

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