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Rifiutano il cibo o, al contrario, fanno grandi abbuffate. Oppure sono ossessionati, letteralmente, dal proprio aspetto fisico: alimentazione ed esercizio fisico sono al centro di ogni pensiero, addirittura prima della famiglia o del lavoro. Sono i disturbi alimentari, rispettivamente anoressia, bulimia e vigoressia, che nel nostro paese sono più diffusi di quanto si immagina. A soffrirne sono infatti all’incirca 2 milioni di italiani e sono sempre più giovani. Troppo, considerato che il malessere inizia a fare il suo esordio già a 11 anni e in alcuni casi, secondo i pediatri, addirittura in bambine di soli 8 anni. A lanciare l’allarme è Annalisa Venditti, psicologa esperta dei disturbi del comportamento alimentare presso il Gruppo INI, Istituto Neurotraumatologico Italiano.

“L’anoressia e bulimia - spiega l’esperta - legate al controllo del peso (nel primo caso una restrizione patologica alimentare che porta ad  un forte dimagrimento e nel secondo con mangiate incontrollate a cui seguono condotte compensative quali vomito, abuso di lassativi/diuretici e sport estremo), sono i più diffusi, soprattutto per le donne, che più spesso tendono a seguire modelli di bellezza estetica. Stanno però aumentando le forme miste, in cui si passa dall’anoressia nervosa alla bulimia nelle diverse fasi della vita, e il disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder), una sorta di bulimia senza comportamenti di compenso che porta frequentemente all’obesità: è stimato che circa il 30% degli obesi sia affetto da questo disturbo”. 

Anoressia e bulimia restano i problemi più frequenti, ma ad essere in aumento è anche la risposta maschile della vigoressia. La causa è profondo disagio personale che trasforma la voglia di essere magri e “belli” in una patologia, aggravata dall’utilizzo dei social, che secondo l’esperta facilitano confronti con modelli di bellezza irraggiungibili. “I disturbi alimentari colpiscono più le donne (soprattutto per anoressia e bulimia), l’esordio è più frequente nell’adolescenza”, spiega Venditti. “L’età si sta abbassando, già con l’ingresso nella scuola media ci si sente donne, ci si trucca, si utilizzano i cellulari come vetrina e c’è il desiderio di essere belle. Ma il problema - continua - è aumentato anche negli uomini, sempre più attenti al fisico: la vigoressia, o anoressia reversa, è una forma di dismorfismo corporeo che porta la persona ad una continua ossessione per il tono muscolare, l’allenamento, la massa magra, una dieta ipocalorica e iperproteica, uno stile alimentare dannoso per ottenere un fisico pompato, a cui spesso si aggiunge l’uso di sostanze illegali per raggiungere tale obiettivo”.

I campanelli d’allarme sono tanti. “Un improvviso controllo estremo del cibo con paura di ingrassare (con crisi eccessive se non si riescono a rispettare le regole imposte), difficoltà a mangiare con gli altri, bassa autostima, attività fisica eccessiva, scomparsa di grandi quantità di cibo e ritrovamento di cibo in posti anomali (camera da letto, armadi, cassetti per bulimia e binge eating), rituali alimentari particolari, estrema selettività alimentare, problemi gastrointestinali, tanto per fare alcuni esempi dei campanelli d’allarme”, aggiunge Venditti.

Questi disturbi non si limitano a compromettere solo la funzione biologica primaria. Quando ci sono compromettono grande parte della vita, comprese le relazioni sociali. Per questo le diete da sole non sono risolutive. “Perché non si tratta di un problema di linea ma di disagio e insicurezza, di attenzione morbosa verso il corpo”, dice Venditti. “E la restrizione alimentare non lo risolve bensì lo amplifica. Non va sottovalutato che il comportamento disfunzionale ha sempre lo scopo di preservare uno stato di benessere - prosegue - per cui ci si abbuffa per far fronte alla noia, alla mancanza di affetto, ad un bisogno di consolazione o ancora per evadere da una situazione, per placare lo stress, per soffocare un’emozione, così come si ricerca la magrezza e la forma 'perfetta' del corpo per un bisogno di sentirsi più sicuri di sé, ecc. Bisogna, quindi, imparare a mangiare in modo consapevole, tornare a riconoscere i segnali di fame e sazietà, non imporsi divieti e lavorare sui fattori cognitivi ed emotivi per comprendere quali sono i reali motivi che hanno portato alla compromissione di questo comportamento”.

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