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In futuro potremmo avere terapie antidolorifiche più efficaci e sicure. Uno studio condotto dall’Università Vanvitelli, in collaborazione con l’Università di St. Louis negli Usa, ha individuato un “interruttore” per spegnere il dolore. Si tratta di un particolare recettore cellulare, presente nel nostro organismo, che sembra essere il colpevole della comparsa del dolore che limita drammaticamente la qualità della vita dei pazienti neuropatici. Lo studio, condotto in questa prima fase solo sugli animali, è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.

Nel mondo ci sono milioni di persone che soffrono di dolore cronico a causa di infortuni e malattie, tra cui lesioni del midollo spinale, diabete, sclerosi multipla e cancro. “Il dolore neuropatico può essere grave e non sempre risponde al trattamento”, dice la coordinatrice dello studio, Daniela Salvemini dell’Università di Saint Louis. “Antidolorifici oppioidi sono ampiamente utilizzati, ma possono causare importanti effetti collaterali - aggiunge - e portare i rischi di dipendenza e abuso. C'è un urgente bisogno di opzioni migliori per i pazienti affetti da dolore cronico”. Ecco perché questo studio mira a trovare altri sistemi per combattere il dolore neuropatico che siano alternativi all’uso dei narcotici.

In termini scientifici, i ricercatori hanno capito che in risposta a una lesione del nervo, il corpo genera una molecola chiamata sfingosina-1-fosfato (S1P) nel corno dorsale del midollo spinale. “Questa molecola a sua volta – spiega Livio Luongo dell’Università Vanvitelli - può attivare il sottotipo recettoriale 1 (S1PR1) sulla superficie delle cellule di supporto specializzate del sistema nervoso chiamate astrociti. Questo innesca una cascata di eventi che portano a processi neuroinfiammatori e rendono i neuroni coinvolti con la trasmissione del dolore molto ‘attivi’. Questo sintomo associato al dolore neuropatico rende il paziente incapace di svolgere le comuni mansioni quotidiane. La riduzione di questo sintomo subdolo rende il paziente affetto da dolore neuropatico meno ansioso e meno depresso e più capace di affrontare la propria patologia”.

Sebbene lo studio è stato eseguito su animali da laboratorio, molecole che agiscono inibendo la stimolazione della proteina recettoriale S1PR1, sono già disponibili in commercio e sono ad oggi impiegate nel trattamento della sclerosi multipla. Di conseguenza, questa scoperta risulta di fondamentale importanza per il possibile futuro impiego di queste sostanze nel dolore cronico di tipo neuropatico. Questi risultati, dunque, gettano le basi per sviluppare una nuova classe di farmaci che offra benefici antidolorifici senza i rischi e gli effetti collaterali degli oppioidi. “I risultati di questa ricerca, insomma – conclude Luongo -  individuano in questo recettore un buon bersaglio, e dunque scenari possibili per lo sviluppo di nuove terapie, creando una nuova classe di antidolorifici non narcotici”.

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