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Le persone che soffrono di diabete, sia quello di tipo 1 che quello di tipo 2, potrebbero trarre beneficio da un antitumorale. Si tratta del farmaco HIF-1alpha (hypoxia-inducible factor-1alpha) che, secondo un recente studio del Karolinska Institutet in Svezia, si è dimostrato in grado di preservare le cellule pancreatiche che producono insulina. I risultati, pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine, mostrano una nuova via per migliorare le condizioni dei pazienti diabetici.

Per lo studio il gruppo di ricerca si è avvalso di un modello murino su cui è stato appunto testata l’efficacia di questo approccio. I composti ipoglicemizzanti attualmente impiegati per la terapia del diabete, spiegano gli autori delo studio, non riescono a invertire la progressione della malattia. “Nei soggetti diabetici – afferma Erwin Ilegems, scienziato che ha coordinato lo studio – le cellule beta non riescono a produrre elevate quantità di insulina. Nel nostro lavoro abbiamo trattato topi diabetici con l’inibitore HIF-1alpha PX-478, il che ha ridotto i livelli di glucosio nel sangue”. L’inibitore HIF-1alfa PX-478 è già stato testato in studi clinici di fase I come farmaco antitumorale ed è stato ben tollerato dai partecipanti.

In collaborazione con il gruppo di ricerca del professor Jorge Ruas presso il Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia del Karolinska Institutet, gli autori hanno dimostrato un effetto antidiabetico del medicinale dovuto al miglioramento dell’attività delle cellule beta pancreatiche. “Le attuali terapie mirate alle cellule beta hanno un effetto positivo temporaneo sulla secrezione di insulina", afferma Per-Olof Berggren del Karolinska Institutet. “A lungo andare questi approcci possono provocare l’esaurimento delle cellule beta. PX-478 - aggiunge - migliora l’attività delle cellule beta senza amplificare la secrezione di insulina, per cui potrebbe essere più efficiente per il trattamento a lungo termine del diabete”. Il prossimo passo degli studiosi è quello di verificare la fattibilità di futuri studi clinici. “Inizieremo studiando l'impatto do PX-478 sull'attività delle cellule beta del pancreas umano utilizzando topi diabetici 'umanizzati'”, concludono gli scienziati.

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